Sulle elezioni europee c’è poco da dire, anzi tutto, perché nei commenti post urne, quasi tutti si sono fermati alla superficie, analizzando alchimie e conseguenze immediate sul governo italiano, confondendo piani elettorali, Europa e Italia, Francia e Germania con una leggerezza che non so se sia frutto d’ignoranza o di machiavellismo o se sia una scelta oculata per remestare sempre nel torbido o per confondere sempre di più le cose semplici.
Una cosa sono le elezioni europee con cui si è chiamati a scegliere non la politica nazionale, ma il Parlamento Europeo, cosa diversa sono le elezioni nazionali dove si è chiamati a scegliere il Parlamento che successivamente accorderà la fiducia a chi il Presidente della Repubblica affida l’incarico di formare il governo, tenuto conto dei risultati quantitativi dei voti espressi nell’urna.
Winston Churchill in una elezione inglese prese solo due voti di maggioranza e a chi gli faceva notare che era rischioso governare con un così esiguo scarto, rispose tranquillo e sarcastico: in democrazia uno dei due voti è di troppo. Come a dire che in democrazia non bisogna mai mischiare le pere con le mele, le nespole con le arance e le europee con le votazioni interne. Strana democrazia quella che cambia piani e modelli a piacimento o secondo i risultati, come aggrada agli apparenti vincitori.
Sempre che lo voglia e abbia tempo, chi vuole può leggere la mia riflessione (una cartella), pubblicata sul Il Fatto Quotidiano on line del 27 maggio 2019, col titolo: Europee 2019, Gli Italiani hanno votato senza ragionare. La pagheranno amaramente
Poi ognuno tiri le proprie conclusioni, ma ha poco da gioire. Anzi… «non ci resta che piangere» con Troisi, e purtroppo senza di lui.