Vengo a sapere, da buon ultimo (segno che faccio vita ascetica-monastica) che il clero di Genova è, da tempo, a conoscenza dell’intervento del can. Luca Giuliano, nella seduta dell’11 settembre 2024 nel Capitolo della Cattedrale di San Lorenzo in Genova. Da poco, il testo integrale è giunto anche a me: un intervento di fuoco, che allego integralmente, in coda alle mie riflessioni a caldo. Tutti conosciamo del can. Luca Giuliano la pacatezza, la mitezza e la sua incapacità di «pensar male», nemmeno di fronte ai fatti compiuti. Teso alla comprensione di uomo mite e retto, per natura e grazia, egli, da canonista, ispira il suo agire presso il Tribunale diocesano allo spirito dell’ultimo canone che chiude il CJC con queste solenni parole: «avendo presente la salvezza delle anime, che deve sempre essere nella Chiesa legge suprema» (can. 1752).
Dal suo intervento si evince che il can. Giuliano, è esasperato per la continua violenza violenta con cui il Vescovo, il Vicario generale, docente di Morale (sic!!!!) e i vicari episcopali, «in solido», calpestano ogni giorno il Codice di Diritto canonico (non parliamo del Vangelo che è mera carta straccia). Ferito e mortificato, il can. Giuliano esce dalla sua pacatezza, si alza davanti a tutti e parla come un profeta biblico. Il suo è un ruggito potente che riguarda tutta la Diocesi, a cominciare dall’inconsistente Consiglio presbiterale che non si accorge di nulla, perché non conosce nemmeno i propri doveri giuridici che lo obbligano a intervenire e a chiedere conto al Vescovo e ai Vicari del loro agire.
Il vescovo «e i suoi carucci», nell’anno del Signore 2022, hanno creato in diocesi la Fondazione «San Lorenzo Impresa sociale» che, nonostante le dichiarazioni formali (senza scopo di lucro), in realtà persegue solo interessi materiali-economici, alla faccia della «salus animarum». Il Vescovo non ha consultato il Consiglio presbiterale, pur essendone obbligato. Invece di aiutarlo «a governare», il Consiglio, come il fariseo e il levita, cambia marciapiede e non chiede ragione perché non abbia chiesto il parere obbligatorio, trattandosi di «un atto di governo» (can. 495 §1).
I singoli «eletti» al Consiglio rappresentano non se stessi, ma chi li ha eletti, cioè i preti e hanno il dovere di difendere i diritti dei preti di cui sono portavoce, come impone la legge: «rappresentando il presbiterio (presbyterium repraesentans) sia [il Consiglio] come il senato del Vescovo; spetta (cuius est) al consiglio presbiterale coadiuvare il Vescovo nel governo della diocesi (in regimine dioecesis), a norma del diritto (can. 495 §1). L’erezione di una Fondazione, per altro onerosa e fatta pagare a un’altra Fondazione, qui, il Magistrato di Misericordia, di cui lo stesso Vescovo è presidente, disponendone a piacimento, non è forse un atto di governo?
Se i membri del Consiglio presbiterale, di fronte al documento del can. Luca Giuliano, che accludo (a scanso di equivoci), continuassero a essere ignavi, pecore belanti, magari con la scusa che «tengono famiglia vera o presunta», è meglio che diano le dimissioni da sé «per indegnità e incapacità rappresentativa», prima di essere denunciati penalmente davanti all’Autorità Suprema. Si ricordino che i singoli membri del Consiglio, sono soggetti titolari di Diritto, a differenza dei vicari episcopali che sono solo occasionali: «ad nutum episcopi».
Il resto e l’intervento senza censure del can. Luca Giuliano, nel pdf accluso, in cima alla pagina sotto il titolo: VISUALIZZA PDF.
Genova, 07-01-2025
Paolo Farinella, prete
paolo@paolofarinella.eu